La tutela dei Riders: esclusa l'ipotesi di progetto nella mera consegna a domicilio.


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Non è configurabile alcun progetto conforme ai requisiti previsti dall'art. 61, comma 1, del D. Lgs. n. 276 del 2003, quando i collaboratori svolgono esclusivamente "attività di consegna di pizze a domicilio e cioè un'attività, meramente esecutiva e del tutto priva di autonomia, coincidente con una parte di quella unitariamente esercitata dall'impresa committente (gestione di una serie di punti di produzione e di vendita, da realizzarsi sia mediante la modalità dell'asporto da parte del consumatore, sia mediante il recapito del prodotto alimentare al suo domicilio) e non distinguibile da essa". (Corte di Cassazione, sent. n. 23768/2020).

06/11/2020 | 19:11
Autore: Valentina Clemente

Non è configurabile alcun progetto conforme ai requisiti previsti dall’art. 61, comma 1, del D. Lgs. n. 276 del 2003, quando i collaboratori svolgono esclusivamente “attività di consegna di pizze a domicilio e cioè un'attività, meramente esecutiva e del tutto priva di autonomia, coincidente con una parte di quella unitariamente esercitata dall'impresa committente (gestione di una serie di punti di produzione e di vendita, da realizzarsi sia mediante la modalità dell'asporto da parte del consumatore, sia mediante il recapito del prodotto alimentare al suo domicilio) e non distinguibile da essa”. (Corte di Cassazione, sent. n. 23768/2020).

Ed infatti, “il progetto (come il programma di lavoro o fase di esso): (a) deve risultare "specifico", nel senso della individuazione di un "contenuto caratterizzante" (art. 62, comma 1, lett. b) e cioè di una indicazione, da inserirsi nel contratto, che ne delimiti con chiarezza e precisione l'oggetto e la portata; (b) deve essere gestito "autonomamente dal collaboratore" e (c) tendere, nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del committente, ad un "risultato", vale a dire al conseguimento di un obiettivo definito, che, se pure non eccezionale o del tutto sconnesso rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa, deve nondimeno da questa essere concretamente distinguibile e tale da integrare un apporto collaborativo non circoscritto a un segmento distinto di una più ampia organizzazione produttiva” (Corte di Cassazione, sent. n. 24379/2017).

Il mancato rispetto di tali principi comporta l’applicazione del regime sanzionatorio sancito all’art. 69 del D. Lgs. n. 276 del 2003, che, pur imponendo in ogni caso l'applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, contempla due distinte ipotesi:

- comma 1, che sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l'individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di c.d. conversione del rapporto ope legis,

- comma 2, che disciplina l'ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti (Corte di Cassazione, sent. n. 12820/2016; conforme, fra altre, Corte di Cassazione, sent.  n. 17127/2016).

La Corte di Cassazione ha adottato, ormai pacificamente, il principio di diritto secondo cui “quando l'etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una proiezione equivalente e, quindi, il rimedio dell'applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato" (Corte di Cassazione, sent. n. 1663/2020).

Il fondamento normativo di tale orientamento giurisprudenziale, oltre all’art. 61 citato, è rinvenibile nell'art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, come novellato dal D. L. n. 101/2019, convertito, con modificazioni, nella L. n. 128/2019, che dispone: “A far data dal 1° gennaio 2016 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente”, applicabile anche alle fattispecie anteriori al fine di eliminare tutti i fenomeni elusivi delle tutele previste per i lavoratori ed evitare possibili zone grigie tra autonomia e subordinazione.

I recenti approdi normativi e giurisprudenziali istituiscono una più pregnante tutela dei riders, che estende anche a tali lavoratori, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalle parti nel contratto di lavoro, l'intera disciplina della subordinazione.

Con specifico riferimento alla normativa emergenziale dettata in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato comporta l’applicazione anche per i riders della disciplina in tema di tutela delle condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro, fra cui rientrano tutte le norme che prevedono l'obbligo a carico del datore di lavoro di continua fornitura e manutenzione dei Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.) e che onerano l'imprenditore a garantire il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie previste per l'attività di trasporto e consegna a domicilio del cibo.

Appare chiaro come una maggiore tutela dei riders, soprattutto in un periodo in cui la ristorazione può avvenire principalmente mediante l’asporto, riduca la diffusione del virus e tuteli l'utenza del servizio e, con essa, della collettività intera.

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