Malattia, quarantena precauzionale e sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili: i chiarimenti dell’INPS.


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Il messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020 dell'INPS ha definitivamente chiarito che la quarantena preventiva e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili "non configurano un'incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell'attività lavorativa (presupposto per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune), ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività".

20/11/2020 | 09:00
Autore: Valentina Clemente

Per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, il legislatore ha introdotto da marzo 2020 ad oggi tre diverse misure di contenimento e limitazione della libertà di spostamento dei cittadini, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente riscontrato di diffusione del contagio, che si alternano o concorrono a seconda del grado di diffusione del virus:

1.     Quarantena per i soggetti risultati positivi al virus;

2.     Quarantena precauzionale per i soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva o che entrano nel territorio nazionale da aree, ubicate al di fuori del territorio italiano;

3.     Isolamento fiduciario per gli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall'Organizzazione mondiale della sanità (tale misura è stata sostituita dalla quarantena precauzionale estesa a chiunque provenga dall’estero dal 08.10.2020).

Inoltre, i soggetti in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, o ancora i soggetti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono evitare di spostarsi persino per lavoro al fine di ridurre al massimo le possibilità di contagio.

Con l’art. 26, commi 1 e 2, del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020, il legislatore ha inteso tutelare tali fattispecie equiparandole, ai fini del trattamento economico, alla malattia e alla degenza ospedaliera.

Nel messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020, l'INPS ha invece affermato che la quarantena preventiva (o in precedenza l’isolamento fiduciario) e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili “non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa (presupposto per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune), ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività”.

Di conseguenza, l’INPS ha escluso la possibilità di ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera, nei casi in cui il lavoratore in quarantena precauzionale (art. 26, comma 1) o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile (art. 26, comma 2) continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante le modalità alternative di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (lavoro agile o smart working, telelavoro, etc.), forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio.

Al contrario, in caso di malattia conclamata (art. 26, comma 6) il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno.

È chiaro che l’INPS abbia voluto escludere l’applicazione generalizzata di malattia e degenza ospedaliera al fine di tutelare il lavoratore ed evitare che questi subisca, a causa della sospensione dell’attività lavorativa con la correlata riduzione della retribuzione, un danno economico per la necessità di non recarsi sul luogo di lavoro e tutelare la salute propria e della collettività.

Tale scelta, seppur condivisibile, ha un vulnus: si rimanda la tutela del lavoratore ad un accordo con il datore di lavoro e alla possibilità di utilizzare forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio. Qualora l’accordo non sia raggiunto o il lavoro a distanza non sia possibile, però, non bisogna lasciare il lavoratore completamente privo di tutele, costringendolo ad utilizzare le proprie ferie per coprire i giorni in cui la normativa vigente non gli consente di spostarsi pur non avendo contratto il virus.

Si auspica, pertanto, un riconoscimento senza ogni dubbio da parte dell’INPS dell’erogazione della malattia o dell’applicazione della degenza ospedaliera in tutte le ipotesi in cui il lavoratore non raggiunga un accordo con il datore di lavoro o non sia possibile utilizzare forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio.

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