MEDICI SPECIALIZZANDI : UNA QUESTIONE ANCORA IRRISOLTA !


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I comportamenti decettivi assunti dagli organi dello Stato e l'applicazione strumentale e fuorviante dell'istituto della Prescrizione effettuata ai danni dei "medici Specializzandi", hanno di fatto vanificato la tutela "di matrice Europea" del diritto "all'equa remunerazione" per l'attività formativa, inerente una specialità medica, da questi svolta nel periodo 1983-1991, generando una incertezza normativa e giurisprudenziale che hanno indotto centinaia di medici a soprassedere dall'avvio dell'azione e/o a vedersi dichiarati prescritti i relativi diritti.

09/02/2021 | 11:09
Autore: Carmela Trotta

Il titolo è emblematico per riportare un caso “esemplare” di come i diritti, legittimi e sacrosanti, di una intera categoria di medici specializzatisi nel periodo 1978-2006, siano stati sacrificati sull’altare della “ragion di Stato” o meglio ancora dei “Conti Pubblici”.

Invero i comportamenti decettivi assunti dagli organi dello Stato (Parlamento, Magistratura e la stessa Avvocatura Generale)  e l’applicazione strumentale e fuorviante dell’istituto della Prescrizione effettuata ai danni dei “medici Specializzandi”, hanno di fatto vanificato la tutela “di matrice Europea” del diritto “all’equa remunerazione” per l’attività formativa, inerente una specialità medica, da questi svolta nel periodo 1983-1991, generando una incertezza normativa e giurisprudenziale che hanno indotto centinaia di medici a soprassedere dall’avvio dell’azione e/o a vedersi dichiarati prescritti i relativi diritti.

 Ora, la vicenda risarcitoria in Italia in tema di specializzazioni mediche appare contrassegnata da molteplici anomalie e perplessità: In particolare tale situazione di incertezza, oltre che allo Stato legislatore, che ha pervicacemente disatteso i suoi obblighi anche quando ha emanato leggi espressamente definite di adempimento (vedi D.lgs. 257/91 valevole solo per i medici iscrittisi dopo il 1991; l.370/99 solo per i medici destinatari di sentenze amministrative passata in Giudicato; ed infine il D.lgs. n. 368 del 1999 differendone il trattamento economico soltanto per i medici immatricolatisi a partire dall’anno accademico 2005/06), e riconducibile ai tempi occorsi alla Giurisprudenza nazionale per pervenire ad una definizione del rimedio, anche a causa dell’ Avvocatura dello Stato, anch’essa tenuta all’obbligo di leale collaborazione, la quale ha sollevato eccezioni di ogni tipo.

Il principio di diritto assunto dalla Giurisprudenza di legittimità e seguita da gran parte della Giurisprudenza di merito, secondo il quale il diritto “all’adeguata remunerazione “ per la compiuta formazione specialistica effettuata dai medici nel periodo intercorrente dal 1983 e sino al 1990/91, così come previsto e disposto dalla normativa comunitaria (Direttive nn.75/362/CEE; 75/363 e 82/76 CEE sistematicamente coordinate con la Direttiva 93/16 CEE) e per l’effetto la condanna delle Amministrazioni dello Stato - a titolo di risarcimento “per la mancata e/o ritardata attuazione delle accennate direttive”, si prescrive  nel termine di 10 anni a decorrere dalla data (27 ottobre 1999) in quanto tutti gli aventi diritti ad analoga prestazione, hanno avuto la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea, è di per se non risolutivo e sinonimo di denegata giustizia.

E ciò per la semplice ragione che di fatto sarebbe stato impossibile a chiunque dei medici in questione, nel lontano 1999 avere già contezza non solo del danno ma anche dell’esercizio del diritto; dell’azione da porre in essere e dell’amministrazione responsabile;  quando la stessa Giurisprudenza,  a seguito di un laborioso e prolungato dibattito, è giunta solo nel 2009 ad individuare la durate decennale della prescrizione del diritto al risarcimento del danno da inadempimento dell’obbligo di trasposizione della direttiva nell’ordinamento nazionale (V. la nota pronuncia n.9147 del 17 aprile 2009 delle SS.UU. della Suprema Corte) e solo nel 2011 (V. Corte di Cassazione sentenza 17 maggio 2011 n. 10813 , resa in tema di inadempimento della direttiva 82/76/CEE sulla formazione dei medici specialisti) ad individuarne il dies a quo.

A tal riguardo è principio generale che il termine prescrizionale di un qualsiasi diritto al risarcimento dei danni decorre da quando lo stesso danneggiato ha avuto effettiva contezza del danno (e quindi da quando il diritto poteva essere fatto valere). Analogamente è a dirsi nell’ambito del diritto dell’Unione Europea ed in particolare delle sentenze della CGUE. In particolare la nota sentenza EMMOT (sentenza Corte di Giustizia del 25 luglio del 1991, causa C-208/90) in base alla quale  “finchè la direttiva non è correttamente trasposta nel diritto nazionale, i singoli non sono stati posti in grado di avere piena conoscenza dei loro diritti”.

Così come sempre, in tema di inadempimento dello Stato italiano nell’ambito delle specializzazioni mediche, è utile richiamare i principi esposti nella pronuncia IAIA (sentenza CGUE del 19 maggio 2011, in Causa C-452/09) ove si rinviene espressamente che.” Il diritto dell’Unione non osta a che uno Stato membro eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole a fronte di un’azione giurisdizionale proposta da un singolo per ottenere la tutela dei diritti conferiti da una direttiva anche qualora tale Stato non l’abbia correttamente trasposta a condizione che con il suo comportamento esso non sia stato all’origine della tardività del ricorso 

Appare decisivo, sotto questo profilo, anche quanto affermato dalla Corte di Giustizia nel precedente Danske Slagterier (Casua C-445/06)  “…….dal punto 39 della sentenza Marks & Spencer risulta parimenti che un termine di prescrizione, per adempiere la sua funzione di garantire la certezza del diritto, deve essere stabilito previamente. Orbene, una situazione caratterizzata da un’incertezza normativa significativa può costituire una violazione del principio di effettività, poiché il risarcimento dei danni causati alle persone da violazioni del diritto comunitario imputabili ad uno Stato membro potrebbe essere reso eccessivamente gravoso nella pratica, se detti soggetti non potessero determinare il termine di prescrizione applicabile con un ragionevole grado di certezza (punto 33).   

In particolare, ed ai ns fini, la situazione di incertezza è venuta meno solo quindi nel 2011 da quando, cioè, lo Stato, attraverso l’elaborazione giurisprudenziale, ha messo a disposizione dei soggetti lesi dal suo inadempimento un sufficientemente certo e perciò effettivo rimedio giurisdizionale e può, pertanto, iniziare a decorrere la prescrizione decennale che nel caso di specie matura nel corso del corrente anno.

Rimane, pertanto, irrisolto il nodo dei diritti di tutti quei moltissimi medici che, a causa del pregresso e lunghissimo inadempimento dello Stato, sono rimasti inaccettabilmente disattesi e gravemente violati, anche grazie ad una Giurisprudenza nazionale che non sempre si è uniformata agli obblighi risarcitori nascenti dal prevalente diritto dell’Unione, anche ai sensi e agli effetti dell’art.4, c.3 e 19 c.2, TUE.

In conclusione, di fronte ad una giurisprudenza nazionale così sorda alle esigenze ed ai valori comunitari, non bisogna  arrendersi  ed è necessario intraprendere la via maestra della giurisprudenza Köbler (sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01 ove la Corte di Giustizia ha affermato inoltre che anche la violazione riferibile allo Stato-giudice può fondare la responsabilità dello Stato nel suo complesso) da attivare sia per la persistente violazione dell’obbligo di rinvio ex art.267 TFUE da parte della Corte di Cassazione, sia per la manifesta violazione del diritto comunitario da parte dei Giudici nazionali di ultimo grado. Da ultimo resta la strada del giudizio dinanzi alla  Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

 

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