Allarme sanitario: insindacabilità dell’INPS sul riconoscimento della Cassa integrazione in deroga
L’art. 22 del D.L. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, ha introdotto una speciale tipologia di Cassa integrazione in deroga, al fine di garantire un ammortizzatore sociale anche “ai datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario” e di permettere così al più ampio numero di aziende di affrontare l’improvvisa crisi economica causata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.
La peculiarità dello strumento consiste nella circostanza che sono le Regioni e Province autonome a valutare le domande e a decidere se riconoscere o meno i trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la riduzione o sospensione del rapporto di lavoro. Uno dei tanti problemi applicativi legati al cd. Decreto cura Italia, dovuto proprio a tale particolare scelta del legislatore dell’emergenza, è il riparto di competenze tra Regioni e INPS, poiché, sebbene siano Regioni e Province autonome a decidere, è l’Istituto ad erogare la prestazione.
Il quadro normativo è diventato ancora più confuso dopo l’inserimento dell’art. 22 quater dall'articolo 71, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77. Infatti, la disposizione prevede che i trattamenti di integrazione salariale in deroga di cui all'articolo 22, per periodi successivi alle prime nove settimane riconosciuti dalle Regioni, siano concessi dall'Inps a domanda del datore di lavoro. Pertanto, dopo le prime nove settimane la domanda deve essere presentata all’INPS e non più alle Regioni, mentre il sistema resta invariato per le Province autonome di Trento e Bolzano.
Un sistema normativo così complesso non poteva che generare dubbi e problemi applicativi, con l’emanazione di provvedimenti in contraddizione tra loro da parte di Regioni e INPS. È capitato e capita ancora di frequente che l’INPS neghi l’erogazione della prestazione - indicando quale motivazione la mancanza di uno dei requisiti richiesti dalla legge per poter accedere all’ammortizzatore sociale - nonostante la Regione abbia già riconosciuto il diritto alla prestazione. Ciò sia rifiutandosi di erogare la prestazione sin dall’inizio sia richiedendo la restituzione di quanto in precedenza erogato, anche a mesi di distanza, e senza distinguere tra le prime nove settimane e le successive.
Il Tribunale di Viterbo, Sezione Lavoro, con la sentenza n.3268 del 01.07.2020, ha chiarito il riparto di competenze tra Regione e INPS, interpretando ai sensi dell’art. 12 delle Preleggi l’art. 22 in analisi.
“Sono le Regioni a concedere i trattamenti di CIG (a carico delle stesse) e l’INPS a erogarli, previa verifica del rispetto dei limiti di spesa, mentre non è dato rinvenire alcuna fonte normativa da cui scaturisca il sindacato dell’INPS in merito alla decisione di autorizzazione o meno da parte della Regione circa la domanda, fatta salva la sola verifica del limite di spesa.”
Ed infatti, il comma 4 dell’art. 22 citato dispone: “I trattamenti di cui al presente articolo sono concessi con decreto delle regioni e delle province autonome interessate, da trasmettere all'INPS in modalità telematica entro quarantotto ore dall'adozione, la cui efficacia è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 3. Le regioni e le province autonome, unitamente al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all'INPS, che provvede all'erogazione delle predette prestazioni, previa verifica del rispetto, anche in via prospettica, dei limiti di spesa di cui al comma 3. Le domande sono presentate alle regioni e alle province autonome, che le istruiscono secondo l'ordine cronologico di presentazione delle stesse. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e alle province autonome interessate. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica il limite di spesa, le regioni e le province autonome non potranno in ogni caso emettere altri provvedimenti concessori. Nei decreti di riparto di cui al comma 3 è stabilito il numero di regioni o province autonome in cui sono localizzate le unità produttive del medesimo datore di lavoro, al di sopra del quale il trattamento è riconosciuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, senza istituire alcun sindacato dell’INPS in merito alla decisione di riconoscere o meno i trattamenti, decisione interamente demandata alle Regioni e Province autonome, con il solo limite della verifica del superamento del limite di spesa da parte dell’INPS.
Sempre in applicazione delle norme sull’interpretazione della legge, possiamo affermare che il dettato dell’art. 22 quater non sia idoneo a incidere su tale criterio di riparto.
Il dettato letterale della norma è chiaro: “I trattamenti di integrazione salariale in deroga di cui all'articolo 22, per periodi successivi alle prime nove settimane riconosciuti dalle Regioni, sono concessi dall'Inps a domanda del datore di lavoro la cui efficacia è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 5. I datori di lavoro inviano telematicamente la domanda con la lista dei beneficiari all'lnps indicando le ore di sospensione per ciascun lavoratore per tutto il periodo autorizzato. L'Inps provvede all'erogazione delle predette prestazioni, previa verifica del rispetto, anche in via prospettica, dei limiti di spesa di cui al comma 5. L'Inps provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica il limite di spesa, l'lnps non potrà in ogni caso emettere altri provvedimenti concessori.” Non si concede all’INPS alcun sindacato diverso dalla verifica del rispetto dei limiti di spesa; semplicemente, verificate la farraginosità e la lentezza delle richieste alle Regioni, il legislatore ha previsto, per le domande successive alla prima e già vagliate positivamente dalle Regioni, la domanda diretta all’INPS.
Pertanto, in presenza del decreto autorizzatorio della Regione e nelle ipotesi di non superamento del limite di spesa, in nessun caso l’INPS può rifiutare l’erogazione delle prestazioni né tanto meno richiedere la restituzione di quelle già erogate. Non è, infatti, possibile che un diniego dell’Istituto si ponga in contrasto con il provvedimento amministrativo della Regione, unico ente cui la legge demanda la verifica del possesso dei requisiti in capo ai datori di lavoro che richiedono l’ammortizzatore sociale.