I giudici promuovono lo shampometro
Con il Dpcm del 3 novembre le attività dei barbieri e dei parrucchieri sono state lasciate aperte anche nelle zone rosse. Attenzione però ,perché il fisco può rettificare i ricavi dichiarati in base all’utilizzo di shampoo: al riguardo c’è l’ok dei giudici tributari
Un allarme per i parrucchieri che devono stare attenti a quanto dichiarano al fisco. Al momento sicuramente saranno tranquilli per l’emergenza in atto e questo per tutto il 2020. Eppure l’amministrazione finanziaria può contare su un ulteriore strumento per contestare chi nasconde i ricavi: lo shampometro, ossia la ricostruzione di quanti clienti sono stati serviti in base al consumo di shampo. Il metodo è fresco di promozione da parte dei giudici tributari. È stata la Commissione tributaria regionale (Ctr) del Lazio con la sentenza 2684/7/2020 - depositata da poco – a dare ragione all’agenzia delle Entrate nell’appello presentato dalla società contribuente (una Srl), attiva nei servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere e servizi estetici.
LAgenzia delle entrate si è avvalsa della ricostruzione sulla base delle materie prime utilizzate per servire la clientela. I giudici d’appello laziali hanno respinto il ricorso della società di parrucchieri e hanno, quindi, riconosciuto la legittimità dell’accertamento (metodo «analitico-induttivo») effettuato con lo shampometro. Un metodo – come ricorda la Ctr nella motivazione - «analogo a quello del cosiddetto “tovagliometro” (il numero dei tovaglioli utilizzati dal ristoratore) che la Cassazione ha più volte ritenuto idoneo e legittimo» (da ultimo ordinanza 6058/2020).