Il diritto ed i social: la diffamazione ai tempi di facebook



16/11/2020 | 16:50
Autore: Pierpaolo Greco

IL DIRITTO E I SOCIAL: LA DIFFAMAZIONE AI TEMPI DI FACEBOOK

Legittimo diritto di critica e lesione dell’onorabilità altrui. Un confine labile da non oltrepassare! Siamo nell’epoca in cui la fruibilità delle informazioni è oramai di facile accesso per tutti e la velocità delle stesse, grazie ai social ed alla grande diffusione di internet, porta ad una vera overdose di contenuti. Questi ultimi però, devono essere sempre equilibrati e non offensivi, per evitare di avere a che fare con giudici ed avvocati. 

I LIMITI DELLA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE

Il diritto penale esercita il suo potere anche in merito alla libertà d'informazione. Esistono per l'appunto limiti, da non oltrepassare per evitare sanzioni penali, che se rispettati consentono di coniugare la libertà di espressione con la tutela degli interessi altrui. 

L’art 21 della Carta Costituzionale recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”.

Bene, il principio è assoluto ed oramai interiorizzato da tutti i consociati, ma fino a che punto è possibile esercitare questa libertà? 

Un antico adagio affermava che la propria libertà finisce dove inizia quella altrui, ma come comprendere quale sia questo confine e, soprattutto, come non oltrepassarlo per evitare di incorrere in sanzioni penali?

L’art 595 c.p. disciplina il reato di diffamazione: “Chiunque,.., comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro”.

Nel bilanciamento tra libertà di pensiero e tutela dell’integrità ed onorabilità personale è possibile esercitare il legittimo diritto di espressione, ma facendo attenzione a non integrare il reato di diffamazione, per la cui configurabilità devono coesistere tre requisiti: un contenuto offensivo, diretto e rivolto verso una o più persone e l’assenza della/e persona/e cui è rivolto. 

SVILUPPO DEI SOCIAL: COME SI ADATTA IL DIRITTO PENALE AL 21ESIMO SECOLO? 

Sicuramente il Legislatore quando aveva previsto tale fattispecie di reato non aveva alcuna idea di Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, etc, ma il diritto è uno strumento che si adegua ai bisogni ed ai mutamenti della società circostante.

Determinante in questo processo di adattamento è, come al solito, la Giurisprudenza, che con vari interventi ha disciplinato, oltre alla diffamazione “classica”, anche quella avvenuta con il tramite dei social.

Secondo la Sentenza N°50/2017 della 1° Sezione Penale della Corte di Cassazione la diffamazione a mezzo Facebook(ma può tranquillamente essere trasposta a tutti gli altri social) integra il reato di diffamazione aggravata, come previsto dal 3 comma dell’art 595 c.p. Questo perché i social sono potenzialmente rivolti ad un pubblico indeterminato o comunque apprezzabile, ampliando in questo modo la platea di coloro a cui è destinato il messaggio offensivo della personalità altrui.

In tale direzione anche sentenza n. 40083/2018, depositata in data 06.09.2018, la Corte di Cassazione, V Sezione penale la quale dopo aver confermato la portata del messaggio postato su un social, rivolto ad una generalità di individui, aggiunge un aspetto ultroneo, affermando che “ non vi è dubbio che la funzione principale della pubblicazione di un messaggio in una bacheca o anche in un profilo facebook sia la “condivisione” di esso con gruppi più o meno ampi di persone, le quali hanno accesso a detto profilo, che altrimenti non avrebbe ragione di definirsi social”.

É ormai pacifico che la diffamazione possa commettersi anche a mezzo social e che questa sia considerata aggravata, come da numerose pronunce della Cassazione.

Condizione di procedibilità della diffamazione a mezzo social è la querela, che può essere presentata entro 90 giorni dal fatto dalla persona offesa e la competenza è del Tribunale Monocratico, in quanto vi è l’aggravante prevista dal 3° comma dell’art 595 c.p.

Non è consentito, quindi, offendere impunemente solo perché ci si trova in uno spazio virtuale, ed anche se trovarsi dietro ad uno schermo porta a volte a trascendere le normali regole di convivenza, è bene ricordare che un’offesa su una bacheca Facebook ci può costare una condanna fino a 3 anni di carcere. Forse meglio pensarci bene!

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