Azione di riconoscimento di paternità naturale e tutela della filiazione naturale.
La Corte di Cassazione ha, di recente, ribadito i principi già affermati dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 425/2005) e costantemente enunciati dalla Corte Suprema (Cass. 3793/2002; Cass. 13880/2017 e Cass. 32308/2018), per cui sono differenti e non comparabili le situazioni, in raffronto, del padre e della madre, perché la finalità delle norme sull'anonimato della madre è quella di tutelare la gestante, ove versi in situazioni difficili ed abbia deciso di non tenere con sé il bambino, offrendole la possibilità di partorire e di mantenere al contempo l’anonimato nella conseguente dichiarazione di nascita.
La L. n. 19422/1978 attribuisce la responsabilità esclusiva di interrompere la gravidanza, ove ne ricorrano le condizioni giustificative, alla donna. L’interesse di quest’ultima alla interruzione della gravidanza oppure a scelte alternative dirette a preservare la vita del nascituro, realizzabile, queste ultime, proprio per effetto dell’anonimato, non può essere assimilato all’interesse di chi, rispetto alla avvenuta nascita del figlio fuori del matrimonio, pretenda di sottrarsi, negando la propria volontà diretta alla procreazione, alla responsabilità di genitore, in contrasto con la tutela che la Costituzione, all’art. 30, riconosce alla filiazione naturale (così Cass. 3793/2002).
Pertanto, la Corte di Cassazione ha ribadito il seguente principio di diritto: “In tema di azione di riconoscimento di paternità naturale, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 269 c.c., per contrasto con gli artt. 3 e 30 Cost., per non essere consentito al padre, e per converso consentito alla madre, di decidere se riconoscere o meno il figlio, attesa la ragionevolezza della scelta legislativa di trattare in modo differenziato situazioni diverse, sottendendo una finalità meritevole di tutela solo quella della madre, in ragione del bilanciamento tra il preminente interesse a preservare la vita del nascituro e la facoltà della madre di mantenere l’anonimato, e non anche quella del padre, il quale intenda sottrarsi, negando la propria volontà diretta alla procreazione, alla responsabilità di genitore, in contrasto con la tutela che la Costituzione, all’art. 30, riconosce alla filiazione naturale”. (Cassazione civile sez. I, 26/11/2021, n. 37023).