Onere della prova in caso di malfunzionamento del contatore.
Il somministratore di energia elettrica, qualora compri la materia a sua volta da altro soggetto, riceve da costui le informazioni sui consumi e, di conseguenza, ha l’onere di pretendere dal dante causa, eventualmente con chiamata in causa, la dimostrazione che quei consumi sono correttamente calcolati.
È ormai pacifico l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui grava sul somministrante la prova del corretto funzionamento del contatore e tale onere sussiste anche se il contatore è di proprietà altrui, in quanto ciò non impedisce al somministrante di dare la prova richiesta, ben potendo costui richiederla al proprio dante causa, ossia a colui da cui compra l'energia da somministrare a terzi (Cass. civ. Sez. 3. 18195/ 2021; Sez. 3, 19154/ 2018; Sez. Sez. 3, 30290/ 2017; Sez. 3, 12003/ 2017).
A ciò va necessariamente aggiunto che il cliente finale non ha alcun rapporto, giuridicamente rilevante, con il fornitore né con costui ha un rapporto di fatto qualificato che possa comportare l’obbligo di richiedere informazioni o il diritto di riceverne.
L’utente è, in ogni caso, ammesso a provare che non gli sono addebitabili gli scatti risultanti dalla corretta lettura del contatore funzionante, ma a tale scopo dovrà allegare circostanze che univocamente autorizzino a presumere una utilizzazione esterna della linea nel periodo al quale gli addebiti si riferiscono, consentendo di escludere che soggetti diversi dal titolare dell’utenza, ma in grado di accedere ad essa, ne abbiano fatto uso per ragioni ricollegabili ad un difetto di vigilanza da parte dell’intestatario, ovvero alla mancata adozione di possibili cautele da parte del medesimo (Cass. Civ. Sez. 3, 30290/ 2017).
Ovviamente una simile prova è alternativa a quella del funzionamento del contatore, nel senso che, anche ove quest’ultima sia fornita, il consumatore può comunque dimostrare che gli scatti non gli sono addebitabili per fatto a lui non imputabile.