La necessità del controllo quotidiano del green pass sul luogo di lavoro.


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Il Garante della Privacy ha evidenziato come la possibile esenzione dai controlli, in costanza di validità della certificazione verde, rischia di determinare la sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al “sistema green pass”.

23/12/2021 | 09:00
Autore: Valentina Clemente

È al vaglio del Parlamento una norma che introdurrebbe la possibilità di consegna al datore di lavoro di copia della certificazione verde, da parte dei lavoratori dei settori pubblico e privato, con la conseguente esenzione dai controlli, per tutta la durata della validità del certificato.

Lo scorso 11 novembre il Garante della Privacy ha, quindi, effettuato una “Segnalazione al Parlamento e al Governo” in relazione ad alcuni emendamenti al Disegno di legge di conversione del D. L. n. 127/2021, approvati al Senato, che vedrebbero introdotta tale possibilità dall’entrata in vigore della norma.

Il Garante della Privacy ha evidenziato come la possibile esenzione dai controlli, in costanza di validità della certificazione verde, rischia di determinare la sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al “sistema green pass”. 

“L’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe, di contro, di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato, in contrasto, peraltro, con il principio di esattezza cui deve informarsi il trattamento dei dati personali (art. 5, par.1, lett. d) Reg. Ue 2016/679). La dinamicità e potenziale variabilità della condizione sanitaria del soggetto è, dunque, difficilmente cristallizzabile in una presunzione di validità della certificazione, insensibile a ogni eventuale circostanza sopravvenuta ed esige, di contro, un costante aggiornamento con corrispondenti verifiche”.

Venendo meno la piena realizzazione delle esigenze sanitarie sottese al “sistema green pass”, il trattamento dei relativi dati non sarebbe del tutto proporzionato, in quanto non pienamente funzionale, alle finalità perseguite, in violazione della normativa in materia, e, di conseguenza, dovrebbe essere dichiarato illegittimo.

La prevista legittimazione della conservazione (di copia) delle certificazioni verdi contrasta anche con il Considerando 48 del Regolamento (UE) 2021/953, che così statuisce: “Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento”.

In virtù anche delle esigenze di tutela della privacy, l’art. 13, comma 5, del d.P.C.M. del 17 giugno 2021 e s.m.i., prevede espressamente che “l’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma”, facendo salvi, con esclusivo riferimento all’ambito lavorativo, i trattamenti “strettamente necessari all’applicazione delle misure previste dagli articoli 9-ter ai commi 2 e 5, 9-quinquies, commi 6 e ss., e 9-septies, commi 6 e ss.” del Decreto Legge n. 52/2021, in tema di obbligo vaccinale.

Il Garante ha infine evidenziato che “la conservazione dei certificati imporrebbe l’adozione, da parte datoriale, di misure tecniche e organizzative adeguate al grado di rischio connesso al trattamento, con un non trascurabile incremento degli oneri (anche per la finanza pubblica, relativamente al settore pubblico)”, auspicando un approfondimento e un cambio di orientamento del legislatore sul punto.

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